il Giappone in Italia
Aya Kitou's page
Premessa.
Qualche anno fa mi ritrovai a camminare all'interno del cimitero Verano, a Roma.
Non è una cosa che faccio di frequente anzi, se dovessi pensare a quante volte sono stato all'interno di un cimitero prima di quel momento, forse l'evento si sarà verificato 2 o 3 volte, non di più.
Ma quel giorno avevo del tempo libero e volevo vedere com'era fatto all'interno questo cimitero monumentale che era apparso per l'ennesima volta innanzi ai miei occhi senza però, in quel caso, che dovessi ricordarmi che prima o poi sarebbe stato interessante entrarci, salvo poi scappare all'università e dimenticare la promessa fatta a me stesso solo qualche ora prima.
Ma quel giorno era un giorno particolare e quando pensai che era forse il caso, non dovendo correre da nessuna parte, di visitarlo, quella volta scesi dalla macchina, richiusi la portiera e mi diressi verso l'entrata principale.
L'atmosfera, come immaginavo era un pò macabra, ma anche interessante.
C'erano molte statue, molte tombe dalle forme particolari e c'era tanta gente. Gente che ora non c'è più, ma che in passato era fatta di carne e ossa come me e non soltanto di ossa o addirittura un cumulo di polvere senz'anima, volata via per chissà quale destinazione, da chissà quale Dio o in quale dimensione temporale.
C'erano persone famose, con delle bellissime tombe se non piccole cripte, e c'erano tombe anonime di persone "non famose", i cui familiari magari erano riusciti a tumulare con difficoltà (economiche), ma con uno sforzo necessario per dare degna sepoltura a un familiare che amavano o che non amavano affatto ma che sentivano giusto far riposare in un ambiente consono e "confortevole", per quanto possa esserlo una tomba, o un piccolo loculo incastonato in un muro.
Ma è così per tutti. Chi non vorrebbe essere seppellito su una bella collina vicino ad un albero e con un bellissimo panorama intorno? Ma non si può... un loculo può andar bene.
Quella mia passeggiata tra coloro che non potevano più dire nulla se non con i loro epitaffi e con la loro storia a me per lo più sconosciuta, si interruppe per un tempo indefinito innanzi a una statua. Una statua strana, particolare, che non poteva non attirare la mia attenzione, tanto più che i miei occhi si soffermarono sulla targa che parlava di un "premio per la bontà 1954".
Era una bambina, morì a 14 anni. Si chiamava Raffaella La Crociera. Memorizzai il nome e mi venne una curiosità infinita di saperne di più.
Volevo capire chi era quella bambina e perchè le era stata dedicata una statua. Cosa mai poteva aver fatto di tanto importante? E perchè nessuno conosce il suo nome?
Restai li a guardare. A "sentire". Sentivo che era un momento da vivere e non me ne scappai subito via ma rimasi quasi in meditazione innanzi a quella statua. Quasi che la mia presenza fosse una forma di rispetto per quel piccolo angelo.
Un premio. Una bambina morta. Dovevo saperne di più.
Terminai la mia breve visita al cimitero (una piccola parte, essendo davvero immenso) e tornai di corsa a casa a collegarmi al computer e a cercare su internet notizie della bambina.
Non trovai quasi nulla. Ma dopo qualche minuto mi apparve una pagina. E la lessi.
C'era una sua poesia e poco altro.
Oggi ne sò un pò di più e sò che quel piccolo monumento che la raffigura con un quaderno in mano venne realizzato dallo scultore genovese Silvo Minaglia di S. Elia.
Riporto dal sito www.lacrocieraraffaella.it:
Sul finire dell’ottobre (1954) di quell’anno un violento nubifragio si abbattè sulla costiera salernitana, travolgendo ogni cosa e seminando ovunque dolore, fame, lacrime, miseria e morte.
La Rai dai suoi microfoni lanciò un disperato SOS e dette vita ad una pubblica sottoscrizione.
Le popolazioni colpite necessitavano di tutto, dagli indumenti ai viveri, dai medicinali alle coperte, al denaro. Alle centinaia e centinaia di vittime, provate dalle forze scatenate della natura, non rimaneva che la sola fede nella solidarietà umana.
L’appello radiofonico fece centro nel cuore generoso dei romani e in particolare in quello di Raffaella La Crociera, una fanciulla di Testaccio inchiodata da circa un anno nel suo lettino da un morbo che non perdona: il “lupus eritematoso cronico”.
Ma come poteva quel piccolo angelo aiutare quelle popolazioni? Come poteva da quel letto, malata, portare il proprio supporto?
Scrisse. Amava scrivere e scrisse una poesia, in romanesco. Questa:
Er zinale (lo zaino, in romanesco)
Giranno distratta pe casa,
tra tanta robba sfusa,
ha trovato: ah! come er tempo vola,
er zinale de scola.
Nero, sguarcito,
Un pò vecchio e rattoppato,
è rimasto l’amico der tempo passato.
Lo guarda e come se gnente fusse
a quell’occhioni
spunteno li lucciconi,
e se rivede studente
allegra e sbarazzina
tanto grande, ma bambina.
Lo guarda e come un’eco risente
quelle voci sommesse: Presente!
Li singhiozzi, li pianti,
li mormorii fra li banchi,
e senti…senti…
pure li suggerimenti.
Tutto rivede e fra quer che resta,
c’è la cara sora maestra.
Sospira l’ècchese studente, perché sa
che a scola sua non ce potrà riannà.
Lei cià artri Professori, poverina.
Lei cià li Professori de medicina.
Ancora dal sito:
Domenica 31 ottobre. Prime ore del pomeriggio. Dai microfoni della rubrica romana “Campo de Fiori” la voce del suo direttore Giovanni Gigliozzi raggiunse ogni angolo di Roma con i versi della poesia “er zinale” che fu messa subito all’asta, destinando il ricavato agli alluvionati salernitani. In poco tempo la sede di Roma della RAI fu tempestata di telefonate. Le offerte si moltiplicarono senza respiro fino al momento in cui dalla Svizzera la contessa Cenci-Bolognetti comunicò di offrire mezzo milione. La poesia fù aggiudicata a lei.
Raffaella naturalmente rimase entusiasta della cosa e dell'esito che aveva avuto la sua idea. A lei venne promessa come premio una bambola che però mai le venne consegnata. Morì due giorni dopo, il 2 novembre.
Ho voluto dedicare questa prefazione ad un angelo. Si chiamava Raffaella. Raffaella La Crociera. Anche Aya era un angelo e dal mio punto di vista gli angeli sono anche in terra ed hanno delle caratteristiche comuni, caratteristiche che ho ritrovato nella storia di Raffaella così come in quella di Aya, che andrò a raccontare: erano persone buone, di una grandezza infinita che nel dolore non hanno perso ma hanno amplificato portando un messaggio indelebile al mondo. Solo che spesso il mondo si dimentica di questi angeli, perchè gli angeli in terra sono umili, silenziosi e offrono la loro grandezza a chi ha voglia di guardarla, di capirla.
E' come per le onde radio nell'aria. Esistono già, ma serve uno strumento che renda quelle onde udibili, ma o la radio la portiamo noi, perchè vogliamo ascoltarle, o sarebbe bene che qualcuno ce la fornisca, e spero tanto che questo mio libro funga da trasmettitore e cassa di risonanza di un messaggio infinito, di due eroine quasi del tutto sconosciute oggi in Italia: Raffaella ed Aya.
Quest post è sulla storia di Aya Kitou, ma lo dedico a Raffaella La Crociera, che da quel giorno al cimitero è entrata nel mio cuore e mi accompagna in tutto quello che faccio, perchè gli angeli fanno così: ti accompagnano.
Grazie Raffaella. Riposa in pace.
Flavio Spezzacatena
Raffaella La Crociera (23-11-1940 / 2-11-1954)